Di Luciano Calò
G.Giappichelli Editore
Euro 40
Il sintagma «contraddittorio scientifico» avvicina il percorso della conoscenza scientifica a quello della conoscenza giudiziale. L’accostamento, più che sommare, amplifica i vincoli di razionalità propri di ciascun itinerario e, in tutta evidenza, implica una scelta di metodo in ordine all’impiego, nel procedimento penale, della scienza (o, meglio, delle scienze). La locuzione, di conseguenza, non enfatizza il valore dei saperi tecnico-scientifici, ma riporta l’aspirazione (ontologica) di verità (insita nella ricostruzione processuale dei fatti storici) nell’ambito dei criteri (epistemologici) di credibilità e condivisibilità propri del contraddittorio. Il richiamo agli archetipi, ai principi ed alle regole forgiate per l’amministrazione della giustizia svela presto, tuttavia, la problematicità dei luoghi di costruzione giuridica della scienza, all’interno dei quali il diritto cerca di riconoscere, selezionare e valutare le competenze scientifiche pertinenti. Le indicazioni normative, infatti, non paiono assicurare sempre soluzioni univoche e l’incertezza che ne deriva alimenta il rischio di affidamenti acritici in favore di conoscenze asseritamente superiori. L’attenzione alle coordinate del «giusto processo» impone, quindi, tanto una valutazione puntuale del ruolo di tutte le parti coinvolte e dei rapporti tra di esse, quanto una rilettura attenta dei congegni procedimentali chiamati, istituzionalmente, ad assicurare le condizioni di contesto affinché la combinazione tra diritto e scienza non corrobori pericolose insidie, non annulli il tasso di legalità del sistema e non comprometta la tenuta dell’ordine processuale.